Giornata mondiale dell’acqua
Oggi 22 marzo è la giornata mondiale dell’acqua, un’occasione per riflettere sull’utilizzo consapevole e su una gestione attenta e sostenibile di questa risorsa. L’acqua dolce è un bene prezioso e non infinito che tuttora scarseggia in una grossa fetta del nostro pianeta. Nel 2009 l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che ha dichiarato il 2013 “anno internazionale della cooperazione idrica” a conclusione del quinto Forum mondiale sull’acqua tenutasi a Istanbul nel 2009. È fondamentale per il futuro e la sopravvivenza di tutti noi gestire in modo sostenibile tale risorsa.
Il World Water Day giunge quest’anno alla ventiduesima edizione: viene infatti istituita dalle Nazioni Unite nel 1993 con l’obiettivo di sensibilizzare ed educare la popolazione sul tema della salvaguardia delle risorse idriche, grazie anche all’organizzazione di iniziative e convegni che si tengono in tutto il mondo. Il tema al centro degli eventi promossi quest’anno è la cooperazione, water cooperation, per sottolineare la necessità per i Paesi che distribuiscono e gestiscono acqua potabile di cooperare, nel controllo delle proprie risorse, con quei paesi che non dispongono di questo bene primario.
Gli ultimi dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale per la Cooperazione e lo Sviluppo nel rapporto, OECD, Environmental Outlook to 2050 The Consequences of Inaction non sono molto rassicuranti. L’aumento della popolazione mondiale, circa 2 miliardi di abitanti in più rispetto ad oggi, metterà a dura prova la disponibilità di acqua dolce; crescerà la domanda globale di acqua (le stime parlano del 55%) da parte delle industrie (+400%), della generazione termica di elettricità (+140%) e dell’uso domestico (130%).
In questo contesto l’esaurimento delle falde acquifere potrebbe diventare la più grande minaccia per il mondo intero, sia per l’agricoltura che per la necessità di acqua urbana in molte zone del globo. Di pari passo crescerà l’ inquinamento dovuto a sostanze nutritive provenienti dalle acque reflue urbane e dall’agricoltura comportando un danneggiamento delle falde acquifere.
Nei prossimi anni sarà necessario dunque, quale priorità fondamentale, investire nella gestione sostenibile di questa risorsa. Ne abbiamo discusso con il Prof. Alessandro Iannace docente di Geologia stratigrafica e sedimentologica dell’Università di Napoli Federico II, che ci ha spiegato come «L’acqua è continuamente riciclata dal sistema terrestre ma ha i suoi “tempi”. Gestione sostenibile della risorsa vuol dire rispettare questi tempi, senza sovrasfruttare le riserve e dando loro il tempo di riciclare gli inquinanti, limitando gli sprechi e approfondendo la conoscenza del sottosuolo. Questo è l’imperativo più importante per il futuro».
L’ Italia è tra i paesi più ricchi di risorse idriche al mondo con il 97% dell’acqua dolce che proviene direttamente dalle falde acquifere; questo grazie all’ abbondanza di rilievi di natura calcarea, gli Appennini, che attraversano il nostro Paese. Le stesse rocce che sono presenti nel sottosuolo, continua il Prof. Iannace, sono molto solubili e porose, diventando delle vere e proprie spugne, capaci di assorbire gran perte delle precipitazioni e di stoccarle nelle falde acquifere. Tale conformazione rende più fragili i nostri acquiferi agli agenti inquinanti. «Le acque di infiltrazione hanno un percorso relativamente veloce verso le sorgenti e se intercettano all’atto dell’infiltrazioni degli inquinanti non hanno un percorso lento capace di filtrarlo». Da qui l’importanza di conoscere nel dettaglio la distribuzione delle masse rocciose per preservare le falde acquifere ed il sottosuolo.
Di contro il nostro Paese è anche tra i principali consumatori di acqua in bottiglia, consumo che determina un ulteriore accumulo di rifiuti, come la plastica, che si aggiunge al ciclo dell’inquinamento.
Ogni anno entrano nelle nostre case 12 miliardi di litri di acqua in bottiglia, vale a dire circa 200 litri pro capite. La pubblicità ha fortemente condizionato i nostri comportamenti tanto che molta gente pensa che l’acqua in bottiglia sia migliore di quella dell’acquedotto. Questo non è sempre vero, come confermano numerosi studi, tra cui l’indagine condotta da un gruppo di esperti geologi e docenti universitari, tra i quali il Prof. Benedetto De Vivo – geochimico del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Federico II di Napoli. Lo studio, pubblicato nell’ articolo Acqua di casa nostra su Le Scienze qualche anno fa, analizza l’acqua di rubinetto del nostro Paese ed evidenzia come «anche le acque minerali imbottigliate possono contenere, in modo del tutto naturale, elementi potenzialmente tossici per la salute, i cosiddetti «elementi in traccia»la cui presenza non è contemplata sulle etichette. Le acque minerali imbottigliate derivano dallo sfruttamento di acque sotterranee (si tratta di sorgenti naturali o di acque estratte attraverso perforazioni) e subiscono un trattamento limitato.» Ciò non toglie che per la salute del cittadino è indifferente bere acqua di rubinetto o acqua minerale imbottigliata; tuttavia la legge impone controlli severi per gli acquedotti, mentre la normativa relativa alle acque minerali imbottigliate è meno rigida. L’acqua potabile di rubinetto, che può derivare sia da acque sotterranee che da acque superficiali – torrenti, fiumi, laghi, bacini artificiali – è invece sottoposta a trattamenti diversi prima di essere immessa nella rete di distribuzione.
Bere acqua del rubinetto è da considerarsi una scelta sostenibile e consapevole, così come impegnarsi nella protezione dell’ambiente, fiumi, laghi e falde idriche, oltre che investire per garantire un buono stato e una gestione delle reti per la distribuzione dell’acqua. Come più volte espresso dalle Nazioni Unite «l’acqua è essenziale per lo sviluppo sostenibile, la salvaguardia dell’ambiente e l’eliminazione della povertà e della fame, è indispensabile per la salute ed il benessere degli uomini e riveste una importanza cruciale per la realizzazione degli obiettivi del Millennio».