Scegliere il futuro
Massimo Marrelli
Quando all’università ci siamo iscritti noi, che oggi siamo i vostri professori, scegliere era tanto più facile. Trenta, quarant’anni fa il mondo della cultura accademica, con i suoi sbocchi professionali, si poteva ancora spaccare in due, massimo tre parti. Da un lato le discipline umanistiche, che si sceglievano se si amava l’italiano e il latino, o la filosofia, si veniva da un liceo classico, e si aveva scarsa propensione per la matematica. Sull’altra sponda, c’era l’universo dei numeri e delle scienze cosiddette dure: ingegneria, fisica, biologia cui, nella stragrande maggioranza dei casi, si approdava provenendo dal liceo scientifico, o dagli istituti superiori tecnici. In mezzo c’era medicina, per la quale occorreva – almeno così si diceva – vocazione, e soprattutto una famiglia alle spalle, perché il corso durava sei anni, e poi c’era il passaggio obbligato delle specializzazioni. Anche economia, la mia facoltà di provenienza, stava un po’ di qua e un po’ di là: ci voleva un bel po’ di matematica, ma anche la comprensione del mondo nel suo funzionamento complessivo. In definitiva, per scegliere la laurea bastava farsi guidare dalle proprie propensioni di base, e farsi qualche chiacchierata con gli amici. Spesso facendo molto affidamento sui consigli dei genitori, che cercavano in molti casi di spingerei sui sentieri già tracciati in famiglia.
Oggi è completamente diverso. La scelta del corso di laurea è diventata estremamente più complessa. Le opzioni si sono moltiplicate, nel corso degli ultimi anni, in modo esponenziale, per una serie di ragioni che riguardano le trasformazioni dell’ordinamento didattico ma anche, più in profondità, i cambiamenti della nostra società.
La legislazione sull’autonomia universitaria ha creato una prima novità decisiva, dividendo le lauree in due livelli: il primo, di durata triennale, e il secondo che, con un altro biennio, consente di conseguire la laurea magistrale. C’è poi un gruppo limitato di discipline, come architettura e medicina, che hanno conservato il ciclo unico, di cinque e sei anni. Con la moltiplicazione dei tempi e dei livelli del titolo di studio, è arrivata la proliferazione delle denominazioni dei corsi di laurea. Ciascuna Facoltà ha avuto la possibilità di decidere quali corsi attivare, e con che nome, sulla base delle risorse didattiche di cui disponeva e delle strategie culturali che intendeva privilegiare. Il risultato è che, al momento, i corsi di primo livello disponibili a livello nazionale sono diventati più di duemila! Per fortuna, come dimostra questa Guida, in moltissimi casi – all’interno della stessa area disciplinare – si tratta solo di lievi differenze di denominazione, che poco o niente incidono sulla sostanza degli insegnamenti impartiti. Uno dei meriti principali di questa Guida consiste proprio nell’avere operato questa scrematura. In altri casi, le differenze possono essere più rilevanti ma spesso si tratta di corsi con un seguito di studenti ristretto. Ciò ha consentito di ridurre il ventaglio delle opzioni in campo a poco meno di un centinaio. Un numero più governabile, meglio e più in profondità analizzabile, soprattutto se corredato, come in questa Guida, da un ricco ventaglio di link multimediali che consentono di comprendere meglio il percorso in cui ci si sta per impegnare.
L’altro fattore che ha reso più ardua la scelta di dove iscriversi è la crescente mobilità territoriale dei giovani. Trent’anni fa, erano rari i casi di chi cambiava città per studiare in un Ateneo lontano dalla propria famiglia: si trattava, prevalentemente, di coloro che non avevano una sede universitaria nella propria provincia di residenza. Ma andarsene da Napoli a Milano, o da Torino a Roma, era una scelta che facevano in pochi, o ben sussidiari o fortemente motivati. Oggi, cambiare città sta diventando una tendenza molto diffusa. Solo in Campania, abbiamo registrato, negli ultimi anni, una quota «emigratoria» che sfiora il 10% della popolazione studentesca. Proprio perché si tratta di scelte economicamente impegnative, è importante che vengano fatte in modo oculato. A volte, emigrare è indispensabile, perché non c’è nella propria città la laurea che si sta cercando. Ma in altri casi, può trattarsi soltanto di scarsa informazione sul fatto che, magari con un nome appena un po’ diverso, quella medesima offerta formativa la si trova a due passi da casa. Per questo l’orientamento è diventato un compito delicato, strategico per tutte le università. Nella Federico II, c’è un Centro di Ateneo, il Softel, che si prodiga instancabilmente per offrire agli studenti la bussola di cui hanno bisogno. Un lavoro che altri organismi svolgono, con analogo impegno, in tante altre università della penisola. Da questa esperienza è nato il progetto di uno strumento di orientamento che mettesse a frutto le straordinarie risorse culturali della Rete, anche grazie alle soluzioni innovative presenti sulla piattaforma Web Learning Federica che, col supporto dell’Unione Europea, offre migliaia di lezioni ad accesso libero. Con la collaborazione culturale dell’Istituto Treccani e la distribuzione del Corriere della Sera, sia in edicola che in Rete, è nata questa Guida multimediale, la prima nel panorama nazionale, che siamo lieti e orgogliosi di offrire a tutta la comunità degli studenti italiani.
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