Tra passato e presente, tra folli e superuomini.
Il secolo scorso ha offerto all’umanità intera delle grandi lezioni sulla dignità, lezioni che il mondo non potrà scordare. Eppure anche oggi come allora fa notizia l’orrore, fa notizia la follia e non la povertà delle persone umili. Ma com’è che siamo tornati indietro nel tempo?
Gabriele d’Annunzio, scrittore nato a Pescara nel 1863, fu uno dei maggiori esponenti del decadentismo europeo, dotato di una cultura incredibilmente vasta. Mostrò un’inesauribile capacità di assimilare le nuove tendenze letterarie e filosofiche, rielaborandole con una raffinata tecnica di scrittura. Fondamentale è saper riconoscere che ad ogni tempo corrisponde una particolare condizione sociale che, inevitabilmente, condiziona il pensiero di quella che oggi chiamiamo “società di massa“. D’Annunzio si ritrovava quindi a cavallo di due epoche che avevano già scritto pagine molto importanti sul grande libro della Storia; i filosofi, suoi contemporanei, stavano elaborando delle teorie che scavavano sempre più a fondo l’anima raggiungendo tutto ciò che riguarda la sfera psichica rimasta – fino ad allora – come una “terra vergine”.
Il filosofo che maggiormente ha influenzato gran parte del pensiero di d’Annunzio è stato sicuramente Nietzsche, il quale aveva identificato nel “Superuomo” colui che aveva la forza di affrontare un mondo privo di valori, un mondo che aveva assistito alla “morte di Dio”. Sebbene l’idea del Superuomo di Nietzsche fosse una speranza per un uomo migliore (riteneva che anche Gesù Cristo lo fosse), d’Annunzio banalizzò a mio parere completamente questo tipo di filosofia, descrivendo il superuomo come l’essere inimitabile dall’esistenza eccezionale, che si circondava materialmente di arte, piacere e bellezza. A questo susseguiva senz’altro il disprezzo per il concetto di “massa” e dei sistemi democratici, in quanto sebbene avessero dalla loro il potere di renderlo famoso, avrebbero comunque costituito una società capace di “appiattire” l’importanza di cui soltanto il vero Superuomo doveva godere.
Dopo lo scempio della seconda guerra mondiale, che è stata l’emblema dell’esaltazione della razza e del totale annullamento della dignità della massa popolare, è rinato il sentimento di una rivendicazione dei diritti umani. Grazie alla globalizzazione le differenze etniche sembrano diminuite e tutto ciò che non riguarda la “massa”, sembra essere reclusa in un’èlite di pochissimi privilegiati che appaiono come inietti, spavaldi capaci di comprare tutto con i soldi, ma totalmente vigliacchi nelle reali scelte della vita.
L’individuo eccezionale veramente, quello con grandi capacità, ha poche occasioni nei campi di applicazione; quelle che prevalgono nella società, come nella politica, sono quegli individui che raggiungono degli obiettivi con le raccomandazioni, con gli scambi di favori. In realtà penso che, nel mondo di oggi, il concetto di “massa” sia stato abbondantemente superato considerato che facciamo parte tutti della “stessa barca”; non v’è più bisogno della televisione per educare gli analfabeti come un tempo, per fortuna tutti hanno la possibilità di frequentare la scuola ed ambienti capaci di accrescere il bagaglio delle esperienze e del sapere personale.
Ma allora, mi chiedo e porgo a voi la domanda, sebbene i superstiti del secondo dopoguerra abbiano abbondantemente dimostrato di essere dei veri Superuomini, perchè per farci sentire siamo costretti a fare ancora oggi dei gesti folli?